Romina Power, nonostante gli anni, anzi i decenni, non si rassegna alla scomparsa dell’amatissima figlia. Scopriamo le ultime novità sul caso.
Quando una persona muore, è possibile, col tempo, guarire le ferite del lutto e riconciliarsi con quest’irriducibile perdita; e quando ci si separa, dopo aver litigato ed aver pagato la (salata) parcella dell’avvocato, è possibile porre una pietra sopra la relazione interrottasi, chiuderla definitivamente. Ma che cosa fare quando una persona scompare? Quando, da un giorno all’altro, virtualmente non c’è più? Si rimane con un senso d’interruzione, di mancanza mai veramente risolta.
Verissimo ha ospitato, per Canale 5, due ospiti d’eccezione; rispettivamente Romina Power e il figlio Yari. Cuore della vicenda la scomparsa dell’amatissima figlia Ylenia Carrisi, le cui ultime tracce risalgono alle nebbie gitane di New Orleans e ad un ormai lontanissimo 1994. Un’altra epoca, un’altra persona scomparsa.
Il figlio Yari ritiene che la sorella sia ormai morta; non se ne conoscono le circostanze, ma per lui Ylenia è ormai come se fosse morta, persa per sempre. Non si rassegna invece Romina Power, testardamente certa che la figlia viva, viva ancora. Dove, tuttavia, nessuno lo sa.
Secondo la Power troppe persone sono scomparse a New Orleans; la polizia americana è pertanto inaffidabile, non ha compiuto all’epoca il suo dovere sino in fondo, indagando ogni possibile pista. Purtroppo la ferita, almeno per la madre, è ancora aperta e ha ripreso metaforicamente a sanguinare quando ha ritrovato alcuni oggetti personali della figlia che non ricordava di avere.
Straziante, in particolar modo, come Romina Power abbia ritrovato gli scritti della figlia; grazie a cui ha scoperto che avevano, madre e figlia, ancora tante cose in comune, “molto più di quello che immaginavo“. Si può allora comprende, quantomeno a livello psicologico, perchè Romina Power non si rassegni alla scomparsa della figlia.
E’ invece di tutt’altra opinione il figlio; sebbene, come la madre, cerchi di vivere nel presente e di non lasciarsi condizionare da una sparizione ormai avvenuta trent’anni or sono. Yari ha raccontato a questo proposito una storia interessante, finora inedita.
“Fino al 2020 pensavo fosse da qualche parte – ha spiegato Yari, raccontando come proprio prima del Covid fosse tornato nella ‘maledetta’ New Orleans – Una mia amica mi ha mandato una foto di un quadro appeso in un museo voodoo di una donna che era identica a lei, poi ho scoperto che il quadro era stato dipinto anni prima, negli anni Sessanta“.
Conclusa questa pista quasi esoterica, anche il figlio ha ribadito come la polizia sia stata all’epoca disattenta, frettolosa nel voler chiudere il caso: “Una volta lì, ho parlato con alcune persone coinvolte all’epoca nella vicenda e ho capito che la polizia all’epoca era sbadata. Non credo affatto alla storia che lei si era gettata nel fiume“.