Gennaro Gattuso confessa tutte le sue contraddizioni: messo a nudo dalla stampa spagnola, rivela una vita ‘sacrificata’ al calcio, dominata dal lavoro di allenatore.
Un uomo che, sul campo di calcio, era tutto un furore, un ‘Ringhio’ per l’appunto. Stiamo naturalmente parlando di Gennaro Ivan Gattuso, detto Rino. Innalzato agli allori sportivi col titolo di campione del mondo nel 2006, ‘Ringhio’ è ora uno dei più giovani allenatori in circolazione, con all’attivo una ‘Coppa Italia (2019-2020)’ per il Napoli.
Eppure tanto successo nel calcio è giunto con un prezzo da pagare e non uno dei più leggeri, anzi. Attraverso molteplici interviste rilasciate agli organi di stampa, specie a Valencia in Spagna, Gattuso si è confessato ‘ossessionato’ dal calcio.
Dopotutto Gattuso, per perseguire i propri sogni calcistici, ha sacrificato parte della sua infanzia, come racconta ad ‘As‘, giornale spagnolo: “Ho dormito da solo e da bambino non è stato facile prendere certe decisioni“. Eppure “Non penso mai a cosa sarebbe successo senza il calcio. Mi sento fortunato, ma so di aver dato tutto quel che ho sempre avuto e se dovessi rifarlo, ripeterei tutto“. Notti insonni comprese.
Sebbene ora il calcio sia molto cambiato a confronto coi suoi tempi e forse un giocatore con le sue doti non sarebbe più il benvenuto sul campo, anzi: “Oggi un Gattuso non lo acquisterei – è la sorprendente rivelazione dell’ex campione d’Italia – certo, avevo carattere, correvo moltissimo ed ero forte, ma il calcio è cambiato, si è evoluto…”
Quando Gattuso ha scelto di diventare un allenatore, si è dedicato anima e corpo al suo nuovo ruolo, formandosi appositamente per un anno: “Tra allenare e giocare è più facile il secondo, perché adesso io mi ritrovo a vivere il calcio pienamente e quando pensi solo al calcio tu non hai più una vita“. E il pensiero corre subito alla compagna di sempre, Monica: “Devo ringraziare mia moglie, non so davvero come faccia a essere ancora con me“.
C’è stata pertanto tanta formazione, tanto studio ‘tecnico’ dall’ex campione del mondo: “Per fare l’allenatore non basta, bisogna andare in campo e imparare. Ecco perché ho voluto iniziare da zero: io conoscevo il calcio, ma non ero preparato“.
E tutto ciò viene pagato da Gattuso, in termini di ore lontano dalla famiglia e dai suoi figli, alle prese con un lavoro dal quale sembra (quasi) impossibile staccare: “Per me è difficile: comincio alle 8:30 e torno a casa alle 7 di sera. Dovrei cambiare, perché non puoi passare 18 o 19 ore solo a pensare al calcio…”
Insomma, una vita consacrata al calcio, a trecentosessanta: calciatore, allenatore, studioso.